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Lingua madre? Lingua del padre!
Quando eravate piccoli, chi vi ha insegnato a parlare? Sicuramente adesso direte: la mamma! Quasi tutte le persone al mondo pensano che sia così. L’idea della lingua madre esiste più o meno in tutti i popoli, dagli inglesi ai cinesi, forse perché le madri trascorrono più tempo con i propri figli. Studi recenti giungono a ben altre conclusioni, mostrando che la lingua che impariamo è quella di nostro padre. Gli studiosi hanno esaminato il patrimonio genetico e le lingue di popoli fusi tra di loro nel corso del tempo. In queste popolazioni, i genitori provenivano da culture diverse. La loro nascita risale a diversi millenni fa, in conseguenza di grandi movimenti migratori. Il patrimonio genetico di queste popolazioni, sorte dalla fusione, è stato studiato sotto il profilo genetico e successivamente messo a confronto con la lingua del popolo in questione. Molti dei popoli parlano la lingua dei propri antenati di sesso maschile. Questo significa che la lingua nazionale ha il cromosoma Y. Gli uomini hanno portato la propria lingua in altri paesi, stimolando l’apprendimento della stessa da parte delle donne indigene. Ancora oggi, la lingua dei padri sembrerebbe avere un grande influsso sulla nostra evoluzione linguistica, se si considera che, da piccoli, l’apprendimento si basa sulla lingua di nostro padre. I padri conversano sicuramente di meno con i propri figli e la loro sintassi si distingue per una minore complessità rispetto a quella delle madri. Pertanto, per i bambini è più facile imparare la lingua del papà, in quanto non richiede uno sforzo eccessivo e si apprende con minori ostacoli. Questo è anche il motivo per cui i bambini preferiscono imitare il papà e non la mamma. Superata questa fase, sarà invece il vocabolario materno ad incidere sull’evoluzione linguistica del bambino. A questo stadio del processo, l’evoluzione linguistica subisce l’influenza tanto del padre quanto della madre. Così, non sarebbe meglio parlare di lingua di entrambi i genitori?
 
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    Le lingue romanze
    La lingua madre di 700 milioni di persone è una lingua romanza, rendendo questo gruppo linguistico il più importante al mondo. Le lingue romanze fanno parte della famiglia di lingue indoeuropee, hanno tutte origine dal latino e discendono, quindi, dalla lingua di Roma. La loro origine era il latino volgare, cioè il latino parlato nell’epoca tardo-romana. Il volgare si diffuse in tutta l’Europa grazie alle conquiste di Roma e diede così vita alle lingue e ai dialetti romanzi. Il latino stesso è una lingua italica. Complessivamente esistono circa 15 lingue romanze. E’ difficile avere una stima esatta del loro numero preciso e spesso non è chiaro se si tratti di lingue autonome o solo di dialetti. Nel frattempo, alcune lingue romanze si sono estinte ed altre nuove lingue sono nate dal latino. Si tratta di lingue creole. Lo spagnolo è oggi la lingua romanza più diffusa al mondo. Parlata da più di 380 milioni di persone, si può definire una lingua universale. Gli studiosi trovano le lingue romanze molto interessanti, poiché la storia di questo gruppo linguistico è ben documentata. Da 2500 anni, la storia documenta l’esistenza di scritti latini o romanzi, attraverso i quali i linguisti studiano la formazione delle singole lingue, per esempio, quali regole hanno contraddistinto il loro sviluppo. Molti di questi risultati si possono applicare anche ad altre lingue. La grammatica delle lingue romanze segue sempre una struttura simile e soprattutto il loro vocabolario è pieno di affinità. Quindi, se si parla una lingua romanza, se ne può imparare facilmente un’altra. I ringraziamenti vanno al latino!
     

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    Le lingue e la scrittura
    Ogni lingua è a servizio della comprensione fra gli esseri umani. Quando parliamo, esprimiamo ciò che pensiamo e sentiamo. Non sempre, però, rispettiamo le regole della nostra lingua. In generale, utilizziamo la lingua che parliamo cioè quella colloquiale. La lingua scritta è ben diversa, in quanto in essa si ritrovano tutte le regole della propria lingua e in essa si può riconoscere la vera lingua, visibile e percettibile. La scrittura permette di trasmettere il sapere nei secoli ed è il fondamento di ogni civiltà moderna e sviluppata. Le prime forme di scrittura sono state inventate più di 5000 anni fa; si tratta dei caratteri cuneiformi dei Sumeri, incisi su tavolette di argilla. Questi caratteri sono stati utilizzati per tremila anni. Più o meno dello stesso periodo datano i geroglifici degli antichi Egizi. Numerosi studiosi li hanno esaminati, dal momento che i geroglifici rappresentano un sistema di scrittura relativamente complesso, inventato per un motivo piuttosto semplice. L’antico Egitto era un regno molto vasto con tanti abitanti, in cui la vita di tutti i giorni e soprattutto l’economia necessitavano un’organizzazione. Anche la riscossione delle imposte e dei tributi doveva essere gestita in modo efficiente. Per questi ed altri motivi, gli antichi Egizi hanno sviluppato un sistema di scrittura. I sistemi basati sull’uso dell’alfabeto risalgono invece ai Sumeri. Ogni forma di scrittura rivela molte cose sugli uomini che la utilizzano. Inoltre, ogni nazione esprime le proprie peculiarità nella scrittura di cui si serve. Purtroppo, la scrittura è in fase di estinzione e il progresso contribuisce a renderla quasi inutile. Quindi, non limitatevi solo a parlare, cercate anche di scrivere!
     

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    Le lingue germaniche
    Le lingue germaniche fanno parte della famiglia delle lingue indoeuropee. La caratteristica di questo gruppo linguistico è la fonologia; infatti, le differenze nel sistema fonetico distinguono queste lingue dalle altre. Si contano circa 15 lingue germaniche, lingue madre di 500 milioni di persone nel mondo. E’ difficile poter definire il numero esatto di tali lingue e spesso non è chiaro se si tratti di lingue autonome o dialetti. La lingua germanica più importante è l’inglese, lingua madre di quasi 350 milioni di persone nel mondo, seguita dal tedesco e dall’olandese. Le lingue germaniche vengono suddivise in diversi gruppi: lingue germaniche del nord, dell’ovest e dell’est. Le lingue nord germaniche sono quelle dei paesi scandinavi. L’inglese, il tedesco e l’olandese sono lingue germaniche dell’ovest, mentre quelle dell’est, di cui faceva parte il gotico, si sono estinte tutte. La colonizzazione ha contribuito a diffondere le lingue germaniche nel mondo; per questo motivo, anche nei Caraibi o nel Sudafrica c’è gente che comprende l’olandese. Tutte le lingue germaniche presentano una radice comune, ma non è certo che si tratti di una lingua proto-germanica uniforme. A ciò si aggiunge la scarsa quantità di fonti germaniche antiche scritte, notevole differenza rispetto alle lingue romanze. La ricerca sulle lingue germaniche incontra, quindi, maggiori difficoltà, visto che si conosce poco anche della cultura di questi popoli. Si sa che le popolazioni germaniche non erano molto unite e non avevano un’identità condivisa. Per tutti questi motivi, la scienza deve ricorrere alle fonti altrui. Senza i Greci ed i Romani, sapremmo ben poco dei Germani!
     

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    Consigli per imparare le lingue straniere
    Imparare una nuova lingua è sempre faticoso. La pronuncia, le regole grammaticali e il vocabolario richiedono molto rigore. Diversi trucchi facilitano, però, l’apprendimento. Innanzitutto, bisogna pensare positivo, essere felici di imparare una nuova lingua e di fare nuove esperienze. Non è importante da cosa vogliate cominciare. Scegliete un tema a cui siete particolarmente interessati e concentratevi prima di tutto sull’ascolto e sulla produzione orale. Poi, cercate di leggere e scrivere dei testi. Scoprite un sistema che sia adatto a voi ed al vostro stile di vita. Nel caso degli aggettivi, potreste cercare di imparare anche i loro contrari oppure potreste appendere dei foglietti per casa, su cui scrivete i vocaboli da ricordare. Quando fate sport o siete in auto, potreste imparare la lingua ascoltando file audio. Se un determinato argomento vi riesce difficile, sospendete. Fate una pausa oppure dedicatevi ad imparare altre cose. In questo modo, non perderete la voglia di apprendere una nuova lingua. E’ interessante fare il cruciverba in un’altra lingua oppure divertirsi un po’ guardando un film in lingua straniera. I giornali, invece, vi permetteranno di imparare molto sul paese e sul suo popolo. Su internet troverete degli esercizi, in aggiunta ai libri di lingua. Non dimenticate di fare amicizia con gente a cui piacciono le lingue. Inoltre, non imparate gli argomenti singolarmente, ma cercate di inserirli in un contesto e di ripeterli regolarmente. Vedrete che il cervello riuscirà a memorizzarli per bene. Se siete stanchi della teoria, allora preparate le valigie, perché il posto migliore per imparare una lingua è in mezzo alla gente che la parla. Nel vostro viaggio, potrete annotare tutte le esperienze in un diario e ricordate una cosa importante: Non bisogna mollare mai!
     

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    Le lingue slave
    La lingua madre di 300 milioni di persone è una lingua slava. Queste lingue fanno parte del gruppo indoeuropeo. Si contano circa 20 lingue slave, di cui il russo - lingua madre di oltre 150 milioni di persone - risulta essere la più nota. Il russo è seguito dal polacco e dall’ucraino, parlati da 50 milioni di persone rispettivamente. La linguistica suddivide le lingue slave nel ramo ovest, est e sud. Il ramo ovest comprende il polacco, il ceco e lo slovacco. Il russo, l’ucraino ed il bielorusso appartengono al ramo est. Del ramo sud fanno parte il serbo, il croato ed il bulgaro. A queste si aggiungono molte altre lingue slave, parlate da un numero più esiguo di persone. Le lingue slave derivano da una protolingua comune, a partire dalla quale si sono sviluppate le loro peculiarità. Inoltre, sono più recenti delle lingue germaniche e romanze. Il vocabolario di queste lingue segnala molte affinità semantiche e le spiega con il fatto che la loro separazione storica è avvenuta relativamente tardi. Per gli studiosi, queste lingue sono conservative, perché conservano molte strutture arcaiche che le altre lingue indoeuropee avrebbero perduto nel tempo. Per la ricerca, le lingue slave suscitano non poco interesse, perché consentono di trarre delle conclusioni sulla loro origine e sullo sviluppo. Così, i ricercatori hanno potuto ricostruire l’indoeuropeo. Una caratteristica delle lingue slave è la scarsa presenza di vocali, con suoni sconosciuti alle altre lingue. La loro pronuncia crea qualche problema ai parlanti dell’Europa occidentale. Ma non abbiate paura! Andrà tutto bene. In polacco: Wszystko będzie dobrze!
     

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    Le lingue ed i proverbi
    Ogni lingua ha i suoi proverbi, che rappresentano una parte essenziale dell’identità nazionale. Essi esprimono i valori e le norme di un paese. Sono piuttosto conosciuti ed hanno una forma invariata; in genere, sono brevi e concisi. Spesso si utilizzano anche in combinazione con metafore e possono avere una connotazione poetica. Molti dei proverbi vengono usati per dare consigli, per ammonire o esprimere apertamente una critica. Molto spesso i proverbi usano degli stereotipi cioè la visione condivisa di un altro popolo o di un paese. I proverbi hanno una tradizione lunghissima. Già Aristotele ne elogiava il valore filosofico; nella retorica e nella letteratura costituiscono importanti mezzi espressivi e stilistici. La cosa interessante è che sono sempre attuali e, per questo, un’intera branca della linguistica si concentra sul loro studio. Molti proverbi esistono in parecchie lingue e presentano delle affinità lessicali; quindi, in diverse lingue si utilizzano le stesse parole. Can che abbaia non morde, Perro que ladra no muerde. (IT-ES) Altri proverbi offrono affinità semantiche, lo stesso contenuto viene reso con altre parole: Appeler un chat un chat, dire pane al pane e vino al vino. (FR-IT) I proverbi ci aiutano, quindi, a comprendere meglio gli altri popoli e le loro culture. E’ interessante che si utilizzino in tutto il mondo, per esprimere i “grandi” temi della vita umana e le esperienze universali. I proverbi ci dicono che siamo tutti uguali e non importa quale lingua parliamo.
     

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    Le pause sono importanti per un buon apprendimento
    Chi vuole apprendere bene, dovrebbe concedersi qualche pausa in più! Questo è il risultato di alcuni studi che hanno analizzato le fasi dell’apprendimento. Essi hanno simulato diverse situazioni di studio ed apprendimento, dimostrando che si acquisiscono meglio le informazioni prese a piccole dosi. Questo significa che non dovremmo imparare troppe cose, tutte insieme. Tra un’unità e l’altra, bisognerebbe fare delle pause. Processi biochimici, che si svolgono nel nostro cervello, determinano il successo dell’apprendimento nonché il nostro ritmo ottimale. Quando impariamo qualcosa di nuovo, il nostro cervello secerne determinate sostanze, che influenzano l’attività delle cellule cerebrali. In particolare, due enzimi svolgono una funzione importante e vengono rilasciati quando si apprendono informazioni nuove. La loro secrezione non avviene nello stesso tempo, ma segue degli intervalli di tempo. Quando i due enzimi sono presenti, impariamo meglio e questa possibilità aumenta considerevolmente, se facciamo frequenti pause. E’ importante anche variare sia la durata delle singole fasi dell’apprendimento che la durata delle pause stesse. L’ideale sarebbe fare prima delle pause di 10 minuti ciascuna, poi una pausa di cinque minuti e successivamente una pausa di trenta minuti. Durante le pause, il nostro cervello memorizza i nuovi contenuti e, per favorirlo, sarebbe meglio lasciare la propria postazione di lavoro e cercare di muoversi. Se è possibile, approfittatene per fare anche una piccola passeggiata. E non abbiate la coscienza sporca! Lo state facendo per imparare…
     

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    Lingue positive e lingue negative
    La maggior parte della gente è ottimista o pessimista. E così è anche per le lingue! Gli studiosi si concentrano sempre di più sul vocabolario dei singoli idiomi, raggiungendo dei risultati sorprendenti. In inglese, per esempio, le parole negative superano quelle positive e sono il doppio rispetto ad altre lingue. Nelle società occidentali il vocabolario ha un’influenza sui parlanti, i quali usano molto spesso espressioni per lamentarsi o criticare. In generale, la lingua che utilizzano ha delle connotazioni negative. Queste parole sono interessanti anche per un altro motivo: contengono maggiori informazioni rispetto alle frasi positive. Il motivo potrebbe ricercarsi nella storia del nostro sviluppo linguistico. Per tutti gli esseri umani, è stato sempre importante riconoscere i pericoli e reagire rapidamente ai rischi. Infatti, in caso di pericolo, gli uomini avvertivano gli altri e, per fare questo, cercavano di trasmettere le informazioni rapidamente. Con il minor numero di parole bisognava dare tante informazioni. Per il resto, le lingue negative non hanno vantaggi reali. E possiamo capire perché. Le persone che esprimono solo concetti pessimistici non sono certo amate. Inoltre, mentre la lingua negativa incide anche sulle nostre emozioni, quella ottimista può avere effetti positivi. Nel lavoro, la gente che formula i pensieri positivamente ha più successo. Bisognerebbe utilizzare la propria lingua in maniera più attenta, decidere quali vocaboli impiegare e dar forma alla realtà in base alla propria lingua. Quindi, parlate positivo!
     

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    La grammatica impedisce di mentire
    Ogni lingua ha le sue caratteristiche. Alcune hanno anche qualità uniche in tutto il mondo. Una di esse si chiama trio, lingua sudamericana degli indiani, parlata in Brasile e in Suriname da circa 2000 persone. La particolarità di questa lingua è la grammatica, che costringe i parlanti a dire sempre la verità. La spiegazione è da ricercarsi nella desinenza, la quale dipende dal verbo e mostra la verità di una frase. Un esempio potrà chiarire ciò di cui stiamo parlando. Consideriamo la frase: Il bambino è andato a scuola. Nella lingua trio il parlante deve attaccare al verbo una desinenza. Quest’ultima serve a specificare se il parlante ha visto il bambino. Ma può anche voler dire che questa informazione l’ha ricevuta da altre persone, oppure, attraverso questa desinenza, il parlante vorrà dire che sa che si tratta di una menzogna. Il parlante dovrà decidere cosa vuole dire mentre parla e comunicare agli altri che la sua affermazione è vera. Pertanto, non può mentire o mascherare le informazioni. Quando un parlante di questa lingua omette la desinenza, passa per bugiardo. Nel Suriname la lingua ufficiale è l’olandese. La traduzione dall’olandese al trio è spesso problematica, perché la maggior parte delle lingue non è così precisa come il trio e permette, anzi, di poter mantenersi sul vago. Anche gli interpreti sono portati a farlo. La comunicazione con i parlanti della lingua trio può risultare, quindi, difficile. Magari, introdurre questa desinenza potrebbe essere utile anche per le altre lingue, no? E non ci riferiamo solo alla lingua della politica…
     
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