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Le lingue sconosciute
Secondo i linguisti, nel mondo esisterebbero migliaia di idiomi. Le stime parlano di 6000 o 7000 lingue, dati ancora oggi non confermati. Potrebbero esistere, infatti, ancora altre lingue, parlate soprattutto in regioni isolate. Si pensi al territorio delle Amazzoni, dove ci sono popoli che vivono in totale isolamento dal resto del mondo e dalle altre culture. Anche loro, però, parlano la propria lingua. In altre parti del mondo potrebbero esserci lingue a noi ignote. Non sappiamo, per esempio, quante lingue si parlino nell’Africa centrale. Anche nella Nuova Guinea gli studi linguistici non si sono ancora esauriti. Quando si scopre una nuova lingua, ciò rappresenta sempre un fatto sensazionale. Circa due anni fa, gli studiosi scoprirono il Koro, parlato in piccoli paesini nel nord dell’India da non più di 1000 persone. Si tratta di una lingua trasmessa oralmente, senza alcuna forma scritta. E’ ancora un mistero come il koro, della famiglia delle lingue tibeto-birmane, abbia potuto sopravvivere per così tanto tempo. In tutta l’Asia esistono circa 300 di queste lingue, ma il koro non ha alcuna parentela linguistica con esse. La sua storia deve essere molto diversa. Inoltre, va aggiunto che lingue come questa si estinguono assai velocemente, a volte nell’arco di una generazione. Ai ricercatori rimane poco tempo per lo studio del koro, anche se una piccola speranza per questa lingua c’è: si potrebbe registrarla e creare un audio dizionario.
 
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    Le lingue minoritarie
    In Europa si parlano diverse lingue, molte di origine indoeuropea. Accanto alle lingue nazionali esistono lingue meno diffuse, le lingue minoritarie. Esse sono diverse dalle lingue ufficiali, ma non sono dialetti, né lingue degli immigrati. Hanno una propria componente etnica e sono parlate da alcune comunità. Quasi in ogni paese d’Europa esiste una lingua minoritaria. Nell’Unione Europea se ne contano circa 40, alcune delle quali vengono parlate solo in un paese. Alcuni esempi sono il sorabo in Germania e la lingua romani in molti paesi europei. Le lingue minoritarie hanno uno status particolare. Parlate da ristrette comunità di persone, non vengono insegnate a scuola e non vi è una letteratura ufficiale in queste lingue. Molte sono, pertanto, a rischio di estinzione. Però, l’Unione Europea intende tutelarle, consapevole che ogni lingua rappresenti una parte essenziale della nostra cultura ed identità. Alcune nazioni non corrispondono ad uno stato ed i rispettivi parlanti assumono l’identità tipica di una minoranza. Diversi programmi e progetti possono promuovere queste lingue e tutelare la cultura di piccoli gruppi etnici. Nonostante i tentativi, le lingue minoritarie potrebbero presto scomparire; tra queste, anche la lingua livone, parlata da solo 20 persone in una regione della Lettonia. Si tratta quindi della lingua meno diffusa d’Europa.
     

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    Le donne hanno più talento degli uomini per la comunicazione!
    Le donne e gli uomini hanno lo stesso quoziente d’intelligenza. Eppure, le loro abilità sono diverse. Gli uomini hanno maggiore attitudine al pensiero tridimensionale e sarebbero più in grado di svolgere i problemi matematici. Le donne sarebbero dotate di una migliore capacità di memorizzazione ed avrebbero maggiore attitudine per le lingue straniere. Inoltre, farebbero meno errori ortografici e grammaticali, disporrebbero di un vocabolario più vasto e sarebbero in grado di leggere più fluidamente. Nei test di lingua, totalizzerebbero risultati migliori. L’origine di questa attitudine linguistica sarebbe nel cervello, la cui struttura è diversa negli uomini e nelle donne. La parte sinistra del cervello è responsabile della nostra capacità di parlare e di imparare la lingua. Le donne utilizzerebbero sia l’emisfero destro che sinistro e l’interscambio fra i due sarebbe migliore. Il cervello della donna è più attivo nell’elaborazione efficiente delle informazioni linguistiche. Non sono chiare le cause del diverso funzionamento degli emisferi e solo la biologia potrebbe fornire una spiegazione al riguardo. I geni maschili e femminili influirebbero sullo sviluppo cerebrale e gli ormoni determinerebbero chi siamo. Altri studiosi ritengono che l’educazione che riceviamo influisce sullo sviluppo mentale. Le bambine parlerebbero e leggerebbero di più, mentre i bambini sarebbero più a contatto con giocattoli più tecnici. Un’altra spiegazione è che il mondo in cui viviamo influenzerebbe il nostro sviluppo mentale. Certo è che, in ogni parte del mondo, si riscontrano le dovute differenze e ogni cultura prevede un’educazione diversa dei bambini.
     

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    Cambia la lingua, cambia la personalità!
    La lingua fa parte di noi, è una componente essenziale della nostra personalità. Molta gente parla diverse lingue. Hanno più personalità, allora? Secondo la scienza, la risposta è si! Quando passiamo da una lingua ad un’altra, la nostra personalità cambierebbe e, con essa, anche il comportamento. Questo è il risultato di alcuni studiosi americani che hanno esaminato il comportamento di donne bilingui, cresciute parlando l’inglese e lo spagnolo. Queste donne avevano la stessa ottima conoscenza della lingua e della cultura, ma il loro comportamento era fortemente dipendente dalla lingua impiegata. Quando le donne in questione parlavano in spagnolo, erano più sicure di sé e si sentivano confortate dal fatto che nell’ambiente circostante si parlasse lo spagnolo. Quando esse cominciavano a parlare l’inglese, il loro comportamento cambiava. Erano meno sicure di sé, spesso del tutto incerte. Gli studiosi hanno osservato anche che le donne apparivano più solitarie. In poche parole, la lingua che parliamo influenza anche il nostro comportamento. Le cause non sono ancora chiare. Forse seguiamo determinate norme culturali e, quando pensiamo, siamo legati alla cultura da cui origina la nostra lingua. Il tutto avverrebbe in modo automatico. Noi ci adattiamo alla nostra cultura e ci comportiamo così come essa prescrive. Negli studi che abbiamo citato, i parlanti cinesi erano più riservati, mentre quando passavano dal cinese all’inglese, sembravano più aperti. Probabilmente, il nostro comportamento cambia per farci integrare meglio con gli altri. Parlando la lingua degli altri, cerchiamo anche di assomigliare a loro e pensare come loro …
     

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    Ci capiamo?
    Nel mondo ci sono 7 miliardi persone e tutte parlano la propria lingua. Purtroppo, non è per tutti la stessa. Per parlare con gente di altri paesi, dobbiamo imparare la loro lingua e questo è spesso molto faticoso. Ci sono anche lingue che si assomigliano e i parlanti si capiscono, anche se non parlano la lingua dell’altro. Questo fenomeno è noto come mutual intelligibility e prevede due varianti. La prima è la reciproca intelligibilità orale. I parlanti si capirebbero, ma non comprenderebbero la lingua scritta dell’altro. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che adottano sistemi di scrittura diversi. La lingua hindi e l’urdu sono un esempio evidente. La reciproca intelligibilità nell’espressione scritta costituisce la seconda variante. In questo caso, i parlanti si comprenderebbero in un contesto scritto, ma non orale. La diversa pronuncia delle lingue potrebbe spiegare tale fenomeno. Un esempio è dato dal tedesco e dall’olandese. Le lingue caratterizzate da una stretta parentela linguistica comprendono le due varianti e rendono possibile la comprensione reciproca delle persone in un contesto scritto ed orale. Alcuni esempi sono il russo e l’ucraino, il tailandese e il laotiano. Si parla, invece, di forma asimmetrica di mutual intelligibility quando alcuni parlanti capiscono bene gli altri, ma non viceversa. I portoghesi capirebbero bene gli spagnoli, ma non sarebbe vero il contrario. Gli austriaci capirebbero bene i tedeschi, ma non viceversa. In questi esempi, la pronuncia o le varianti dialettali possono rappresentare il grande ostacolo. Chi vuole parlare con gli altri, deve imparare a farlo …
     

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    La memoria ha bisogno delle lingue
    Quasi tutti si ricordano il primo giorno di scuola, ma non ciò che viene prima. Non abbiamo quasi nessun ricordo del primo anno di vita. Perché? Come mai non ci ricordiamo di quello che abbiamo fatto da neonati? La spiegazione è nel nostro sviluppo. La lingua e la memoria si sviluppano di pari passo e, per poter ricordare fatti o avvenimenti, l’uomo deve fare affidamento sulla propria lingua e deve disporre delle parole, per poter descrivere ciò che sta vivendo. Gli studiosi hanno realizzato alcuni studi sui bambini ed hanno fatto una scoperta interessante: finché i bambini non imparano a parlare, dimenticano tutto quello che hanno fatto prima. L’inizio dell’apprendimento linguistico segna anche l’inizio della memoria. Nei primi tre anni di vita i bambini apprendono tantissime cose, sperimentano ogni giorno nuove cose e fanno tante esperienze importanti. Ma tutto questo non lo ricorderanno. Gli psicologi definiscono questo fenomeno amnesia infantile. Solo le cose che i bambini possono classificare rimarranno nella memoria. La memoria autobiografica conserva le esperienze personali, proprio come un diario, in cui viene custodito tutto ciò che assume una certa rilevanza per la nostra vita. La memoria autobiografica costruisce anche la nostra identità e il suo sviluppo è connesso all’apprendimento della lingua madre. La lingua ci aiuta ad attivare la memoria. Pertanto, tutto ciò che abbiamo vissuto da neonati non è andato perduto, ma è nascosto in qualche parte della nostra memoria. Purtroppo, non siamo in grado di fare affiorare i ricordi... Non è un peccato?
     

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    Lingue segrete
    La lingua ci aiuta a comunicare agli altri ciò che pensiamo e sentiamo. La comunicazione è il suo grande obiettivo. Alcune volte, però, gli uomini non vogliono farsi comprendere da tutti ed utilizzano linguaggi segreti. Questi linguaggi hanno sempre affascinato l’uomo. Giulio Cesare, per esempio, aveva un suo linguaggio segreto con cui inviava messaggi in codice in tutto il regno. I nemici non erano in grado di decifrarli. Questi linguaggi servono a rendere segreta la comunicazione ed hanno una natura selettiva, dal momento che chi li adotta, lo fa per distinguersi dagli altri. Perché si utilizzano questi linguaggi? Vi sono svariate ragioni. Gli amanti si sono sempre mandati messaggi in codice, ma anche in alcuni mestieri si usano parole in codice. I maghi, i ladri, i commercianti usano parole segrete. Inoltre, i linguaggi segreti sono serviti anche per obiettivi politici. Si pensi alle guerre! I militari e i servizi segreti si servono di linguaggi crittografati ed impiegano esperti del settore. La scienza che si occupa delle scritture segrete è la crittologia. I codici moderni sono fatti di complesse formule matematiche, davvero molto difficili da decifrare. Senza questi linguaggi, la vita di oggi sarebbe impensabile, dal momento che dovunque si utilizzano dati coperti da segreto. Un esempio? Le carte di credito oppure le e-mail! Tutte hanno un codice. I bambini trovano molto divertenti i linguaggi segreti e spesso si divertono a scambiare messaggi in codice con gli amichetti. Del resto, ciò contribuisce alla loro evoluzione linguistica ed accresce la creatività e la sensibilità per la lingua madre.
     

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    Parole brevi e parole lunghe
    Secondo uno studio americano, la lunghezza di una parola dipende dal numero di informazioni che essa deve trasmettere. I ricercatori hanno studiato le parole di dieci lingue europee, avvalendosi di supporti informatici. Il computer ha analizzato le diverse parole con un programma specifico. Impiegando una formula ben precisa, ha calcolato il numero di informazioni. Il risultato di queste sperimentazioni è che, più breve è la parola, minore è il carico informativo da essa convogliato. Il dato interessante è che la maggior parte delle parole che utilizziamo sono brevi. L’efficienza della lingua potrebbe spiegare questo fenomeno. Quando parliamo, ci concentriamo sulle cose più importanti. Così, le parole che non trasmettono molte informazioni corrispondono solitamente a quelle non troppo lunghe. Infatti, noi non dedichiamo tanto tempo alle informazioni non essenziali. Il rapporto tra lunghezza delle parole e contenuto offre un vantaggio. Assicura che il contenuto delle informazioni rimanga sempre costante. Facciamo un esempio: se in un determinato momento vogliamo esprimere tante informazioni, possiamo usare poche parole lunghe oppure molte parole brevi. Non importa quale delle due strategie comunicative decidiamo di attuare. Il contenuto delle informazioni rimane lo stesso e il nostro discorso potrà mantenere un ritmo uniforme. In tal modo, chi ci ascolta non avrà difficoltà a seguire il discorso. Tuttavia, se la quantità di informazioni varia, il processo diventa più complesso e l’ascoltatore potrebbe incontrare difficoltà a sintonizzarsi con la lingua che impieghiamo. Di conseguenza, la comprensione viene messa a dura prova. Chi vuole farsi capire, dovrà impiegare parole brevi, perché sono più fruibili. Vale sempre lo stesso principio: Keep it short and simple! (Kiss)
     

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    La lingua dei nostri antenati
    Le lingue moderne sono oggetto di tanti studi da parte dei linguisti, che applicano metodi diversi di indagine. Ma come parlavano gli uomini tanti secoli fa? E’davvero difficile trovare una risposta. Ciononostante, gli studiosi continuano le proprie ricerche, tentando di indagare l’origine delle lingue e ricostruirne le forme arcaiche. I ricercatori americani hanno fatto una scoperta molto interessante. Dopo aver analizzato più di 2000 lingue e le modalità con cui esse costruiscono la frase, hanno rilevato un risultato interessante: circa la metà delle lingue osserverebbe una struttura sintattica di tipo SOV. SOV sta per soggetto, oggetto, verbo. Oltre 700 lingue seguirebbero il tipo sintattico SVO. Infine, circa 160 lingue seguirebbero il modello VSO, 40 il modello VOS e 120 lingue combinerebbero i tipi sintattici. I sistemi meno frequenti sarebbero OVS e OSV. Pertanto, in base a questi studi, la maggior parte delle lingue impiegherebbe la struttura sintattica SOV. Ne sono esempio il persiano, il giapponese e il turco. Molte delle lingue viventi impiegherebbero il tipo SVO. Nella famiglia delle lingue indogermaniche prevarrebbe, infatti, questo modello. Secondo i ricercatori, la struttura sintattica impiegata in passato sarebbe stata quella SOV. L’evoluzione avrebbe poi apportato modifiche, che non è possibile ricostruire. Ci deve essere un motivo alla base dei diversi ordini sintattici, perché nell’evoluzione nulla accade per caso. Il cambiamento apporta sempre dei vantaggi…
     

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    Anche i sentimenti parlano diverse lingue!
    Nel mondo si parlano tante lingue. Non esiste una lingua universale dell’umanità. E per quanto riguarda la mimica? Esiste il linguaggio universale delle emozioni? No! Anche in questo caso ci sono delle differenze. A lungo si è pensato che tutti gli uomini esprimessero i sentimenti allo stesso modo e che il linguaggio della mimica fosse universale. Charles Darwin riteneva che le emozioni fossero di importanza vitale per l’uomo e che dovessero essere comprese allo stesso modo in tutte le culture. Studi più recenti giungono ad una conclusione un po’ diversa. Anche il linguaggio delle emozioni sarebbe sempre diverso e la nostra cultura influirebbe sulla mimica. Per questo motivo, il modo di esprimere e di interpretare i sentimenti è diverso in ogni parte del mondo. Gli studiosi riconoscono sei emozioni di base: gioia, sofferenza, rabbia, disgusto, paura e sorpresa. Gli europei avrebbero un linguaggio mimico diverso dagli asiatici e, secondo alcuni esperimenti, percepirebbero diversamente le emozioni espresse sul volto. Su un computer sono stati mostrati i volti di diverse persone e si è chiesto ad alcuni individui di provare a descrivere le emozioni espresse sui volti. I risultati sono stati molto diversi e ciò dimostra che il modo di esprimere i sentimenti può essere più forte o diretto in alcune culture rispetto ad altre. L’intensità espressiva del linguaggio mimico non è la stessa per tutti. Inoltre, la cultura di provenienza porta gli individui a soffermarsi su aspetti diversi. Gli asiatici si concentrano sugli occhi, mentre gli europei e gli americani guardano la bocca. Solo un’espressione viene percepita allo stesso modo in tutte le culture: un bel sorriso.
     
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